
Pensieri piccoli pensati per riflettere sull’olio delle olive.
Conoscere e Riconoscere
Le cose del nostro vivere quotidiano lo richiedono.
Il bisogno che ci abita ci spinge verso il sapere, perché solo attraverso una buona conoscenza si può tentare il riconoscere.
Quanti errori si compiono supponendoci maestri?
A ben vedere di che cosa non si sa. Sarebbero sufficienti alcune semplici domande:
“ ma conosco ciò di cui mi vanto?” e “ fino a che punto posso sostenere il mio sapere?”
Su una cosa pare possibile una discreta certezza: il processo evolutivo è lento e lo si può tentare di calcolare soltanto in migliaia d’anni.
Questo fatto ci indigna non poco, tanto è grande la nostra autostima.
Primitivi siamo, direbbero nell’isola dei sapori!
Quello che accade per lo più, o viene fatto accadere, è sinistramente simile a quanto abbiamo letto sui libri di scuola circa la vita dei cavernicoli.
Cresce così la tristezza e l’impotenza della nostra supposta conoscenza.
Ammirati dagli splendidi esempi delle gesta dei nostri predecessori, non si riesce ad evitare non una, come quella attribuita all’asino, ma cento volte le orribili manifestazioni della nostra non evoluzione.
E non si è ancora trovato rimedio più efficace, o per meglio dire meno fallace, dell’esempio.
Riconoscere un fatto come un qualcosa di cui si ha una certa conoscenza è quasi sempre l’unico bastone sul quale poggiare la nostra speranza.
A volte quel bastone non lo si cerca a dovere, è riposto in cantina, o il destino ce lo ha nascosto.
Così, sono andati perduti o seppelliti enormi quantità di esempi di mestieri che avrebbero potuto illuminare la conoscenza.
Tra i seppelliti ci sono tantissime colture agricole.
E con loro il piacere, il deliziare i sensi ed il benessere.
Alimentiamo noi stessi come siamo.
Ci guida una volontà al di fuori di noi. Questo è l’esempio seguito.
Troppo spesso la nostra vita ci appartiene solo nell’inconsapevole narcisismo nel quale ci specchiamo.
E mentre ci poniamo domande al di fuori di noi, risulta difficile, non conoscendo, il conoscere.
Ecco che le nostre decisioni sono nostre soltanto in apparenza e non nella sostanza.
Siamo occupati, e molto. “Qualcuno dovrebbe spiegare come posso essere qui, là, di sotto, di sopra”. E la frittata è fatta.
Nutrire il nostro organismo: una faccenda primaria, una cultura che ha permesso all’uomo di elevarsi, di seppellire quel bastone.
Ciò che è conosciuto e riconosciuto fondamento di vita lo affidiamo completamente alla poca conoscenza che abbiamo, inquinata dal Dio quattrino.
E’ perfino buffo sostenere il proprio sapere e poi fidarci totalmente delle scelte di altri per ciò che è piacere e nutrimento.
E’ fuor d’ogni dubbio che per scoprire la vera bontà di un alimento si deve davvero prima conoscere.
Quel bastone è stato seppellito molto bene. Che fare allora se non fidarsi?
La risposta è implicita nell’interrogazione.
Anche se il da fare non ci difetta, è veramente il caso d’iniziare a scavare, senza indugio, perché quel bastone non faccia la fine degli Etruschi.
Ci soccorre il bisogno di benessere reale.
Il nostro organismo è il nostro, e non ci sarà utile più di tanto metterlo al sicuro con una polizza assicurativa, imbottirlo di vitamine, o medicine che allungano spesso soltanto il sopravvivere.
Ricominciamo con l’aiuto di un amico fedele, oltre che autorevole ed autentico.
Signore e Signori l’Olivo ed il suo Frutto.
Facile direte, troppo facile.
Scomodare una pianta adorata in ogni modo possibile:
l’essenza della saggezza, l’immortale, il simbolo della pace.
Aristotele scriveva che il cibo più buono era il fritto con l’olio delle olive più sane, selezionate una ad una.
Forse era matto, sapeva filosofare, ma non mangiare, qualcuno penserà.
I popoli che ci hanno preceduto riservavano l’olio delle olive più buono per le grandi occasioni. Oli delle olive di 50 e 100 anni delle annate migliori, maturati con meticolosa sapienza, venivano serviti nei banchetti importanti.
Avevano il significato di far cogliere lo spirito dei padroni di casa.
E tutto questo perché?
Perché lo si conosceva e gli si riconosceva un alto valore che oggi pare poco più di una “novella”.
Se volessimo iniziare ad intaccare la non conoscenza dovremmo cercare quel rametto e scoprire che non sappiamo riconoscere una giraffa da un ippopotamo.
Risulta molto difficile immaginare che siano in tanti a sapere che un oliva è esattamente paragonabile ad una ciliegia!
E che la si deve raccogliere in modo artigianale, cioè con le mani, per selezionare e preservare i frutti che con la spremitura diverranno oli di qualità.
Altra cosa è raccogliere indistintamente tutti i frutti con ogni mezzo a disposizione con il solo intento di produrre al minor costo possibile, badando che le analisi chimiche possano far dichiarare l’olio “Extra Vergine di Oliva”, anche se con valori ai limiti stabiliti dalla legge.
Quando si compera un Extra Vergine si dovrebbe riflettere almeno quattro secondi, pensando alle ciliegie, e decidere se si vuole una spremitura prodotta da olive selezionate oppure no.
Fatalmente si dirà che sappiamo molto delle produzioni agricole, delle carni e derivati e che la tecnologia ci soccorrerà in ogni direzione; quasi!
Ed allora com’è che ci siamo ridotti a consumare lubrificanti al posto del Principe degli alimenti vegetali?
Sono decisioni che ci appartengono, ma che la realtà dimostra essere al di fuori di noi.
Prendiamo un bastone a caso: il lavoro dei cuochi, o meglio degli chef.
Certi curano le loro scelte in modo quasi ossessivo, alcuni conoscono e sanno riconoscere un ingrediente esattamente come un matematico una formula algebrica.
Se gli si chiede cosa sanno dell’olio delle olive che hanno scelto, le loro certezze appariranno come colonne di argilla.
Le stalle sono aperte ed i buoi sono lontani, quel bastone è impossibile da trovare.
Gli chef, alcuni, lo sanno e bene.
Pare che l’evoluzione abbia giocato un brutto scherzo al Principe.
O forse conviene non disturbare gli studiosi/ricercatori e semplificare i motivi per i quali siamo al punto che siamo.
A Firenze si diceva che il vino era il fratello povero del Principe e questo accadeva fino alla fine degli anni ottanta. Ora il Principe fa l’accattone, quando gli va bene perché a volte è costretto anche a fingere di essere questo o quello per sbarcare il lunario.
C’è insomma qualcosa di macroscopico, ma non lo si vuol vedere.
La risposta è così semplice da risultare banale.
Posso raccontarti che ho piantato gli olivi nella collina dell’Eden, li coltivo prendendomi cura d’ognuno come e più di un figlio, li ho potati uno ad uno con grande esperienza. Ho fatto la raccolta usando occhiali con lenti che ingrandiscono così che ho potuto scegliere i piccoli frutti senza sbagliare. Li ho trasportati con cura in un frantoio dove controllo tutto e dove l’igiene è a livelli di sala operatoria. Ho curato il trasporto del Principe e lo lascio maturare in piccole vasche d’acciaio, mantenendo la temperatura costante.
Racconto tutto questo, quando presento il Principe vestito per le grandi occasioni, ed il mio ascoltatore ha sul volto un consapevole sconcerto.
Non riesce a comprendere che si spendano così tante “energie” su qualcosa del quale il consumatore non soltanto non ha la conoscenza, ma non sa proprio come poter riconoscere un bene con un valore così importante.
E pensare che nel vino si scelgono perfino i chicchi d’uva uno ad uno, si partecipa alle aste per acquistare almeno una bottiglia nata in quel determinato vigneto.
Il grano, che diverrà pane, pasta ed altro è riconosciuto nei suoi valori.
Gli allevatori crescono i loro capi con rigore e conoscenza e vedono premiati i loro risultati.
La frutta e gli ortaggi più buoni sono esibiti come trofei, con orgoglio, ed a questo proposito quello che oggi viene chiamato Biologico ieri era il lavoro di ogni giorno, semplicemente rispettando la Natura, i suoi ritmi ed i suoi bisogni.
Il Principe non ha nessun regno, neanche in affitto; la sua natura fa venire alla mente la descrizione di Eros che Platone fa narrare sì alto a Socrate.
Eppure è con noi da circa 6000 anni. Possibile che siamo riusciti a renderlo un prodotto industriale, con tutti i limiti che ciò comporta, e non elevarlo a nostro Amico più fidato?
Conoscere e riconoscere le sue peculiarità e provare a confrontarle con le produzioni menzionate, farebbe arrossire anche un rinoceronte inferocito.
La sola eccezione, perché principale pilastro dell’alimentazione Mediterranea è il grano, Amico di sempre del Principe.
Riconoscere la qualità che offre su ogni pietanza non è poi così difficile, eccetto che
per coloro che si definiscono imbuti umani.
Non facile è vincere l’abitudine, che si è andata consolidando nella mente della maggioranza degli acquirenti, di considerare l’olio delle olive alla stessa stregua di un lubrificante.
Ma come per le auto c’è lubrificante e lubrificante; e c’è costo e costo si dirà.
Oggi l’unica differenza è data dalla convinzione che non possiamo permetterci quello più costoso perché il portafoglio ha già tanti altri impegni.
Errare è umano, ma perseverare è diabolico.
Un giorno, forse non distante, quando un po’ d’inchiostro racconterà che l’olio delle olive, da olive selezionate, sane, divenute olio nel modo più appropriato, porta nelle nostre pietanze Piacere e Nutrizione come nessun altro alimento vegetale, potrebbe risultare più difficile poterlo acquistare.
Il costo non sarà quello al quale siamo stati abituati da tutti i travestimenti ai quali il Principe è stato costretto per tirare innanzi, ma farà venire l’infiammazione a molti portafogli.
Convinti che conoscere e riconoscere è l’unica via e che la via si fa con l’andare,
grazie Machado, cominciamo da subito il cammino.
Buon piacere e nutrimento a tutti!
Giuseppe Grappolini
Loro Ciuffenna 09 Maggio 2004